La Rosalia alpina (o Cerambice del faggio) è un coleottero xilofago della famiglia dei Cerambycidae; per le sue dimensioni notevoli (risulta essere infatti tra i più grandi rappresentati dell’ordine dei Coleoptera, raggiungendo anche i 40 mm di lunghezza) e per la sua colorazione vistosa viene spesso definito come “il coleottero più bello d’Europa“.
DIFFUSIONE ED HABITAT
Nonostante la denominazione alpina (che fa riferimento semplicemente alla zona del primo censimento), questo coleottero è diffuso grossomodo in tutta l’Europa centro-meridionale; in particolare in Italia la specie è presente sia lungo l’arco alpino che, in maniera più diffusa, lungo tutto l’Appennino. La specie è presente anche in Sicilia, mentre è assente in Sardegna.
Malgrado questa vasta diffusione in termini di areale, risulta essere comunque una specie abbastanza rara e sempre più vulnerabile (classificazione NT nella lista rossa italiana IUCN) a causa sia dell’esiguità delle popolazioni estremamente localizzate e soprattutto della progressiva distruzione del suo habitat specifico. La Rosalia alpina infatti, come tutte le altre specie saproxilliche, per sopravvivere necessità un’ampia disponibilità di legname morto e marcescente, rinvenibile esclusivamente in porzioni di boschi maturi, deperienti ed incolti, ambienti sempre più rari e remoti a causa delle attività antropiche legate alla selvicoltura. Vive prevalentemente in faggete mature sino a circa 1500 metri di quota, ma occasionalmente può colonizzare anche specie arboree differenti, come ad esempio l’acero, l’olmo, il frassino, il castagno e l’ontano.
MORFOLOGIA E BIOLOGIA
Il colore azzurro della sua livrea, che rende questa specie praticamente inconfondibile, può variare di intensità da un esemplare all’altro, assumendo toni che sfumano dal grigio cenere fino all’azzurro intenso; questa colorazione, per quanto appariscente, garantisce alla Rosalia alpina un buon mimetismo in fase di stazionamento sui tronchi dei faggi. Le caratteristiche 3 coppie di macchie nere sulle elitre sono difformi da esemplare a esemplare e possono quindi essere utilizzate come per il riconoscimento e la classificazione dei singoli esemplari. Le sue lunghe antenne sono dotate di ciuffi di peli neri in corrispondenza delle articolazioni mentre le elitre solitamente presentano una bordatura di colore chiaro.
I sessi sono facilmente riconoscibili tra loro: le femmine, di dimensioni maggiori, presentano antenne appena piú lunghe del corpo mentre quelle dei maschi sono lunghe quasi il doppio. Anche la conformazione delle mandibole differisce: quelle dei maschi sono piú larghe e con una ulteriore dentatura esterna.
Dopo l’accoppiamento le femmine depongono le uova all’interno di cavità presenti sul legno morente di alberi ben esposti al sole tramite un apposita protuberanza (ovopositore); in questa fase la femmina assume una curiosa posizione con le antenne completamente rivolte verso la parte posteriore del proprio corpo. Il successivo sviluppo larvale completo richiede dai due ai quattro anni. In questo periodo le larve scavano gallerie all’interno dei tronchi e durante l’ultimo inverno di sviluppo si avvicinano alla superficie predisponendo anche il futuro foro di sfarfallamento, opportunamente sigillato da una sottile membrana. I nuovi esemplari già completamente sviluppati emergono in estate tra giugno ed agosto, a seconda della latitudine e della quota. E’ una specie attiva di giorno e predilige prevalentemente porzioni di bosco abbastanza assolate.
I principali nemici naturali della Rosalia alpina sono il picchio, il quale si ciba delle ninfe che si trovano appena sotto la corteccia, e tutti gli altri grandi uccelli insettivori in grado di individuare e cacciare gli esemplari adulti stazionanti sui tronchi.
LA ROSALIA ALPINA SUI SIMBRUINI
Anche se non facilmente rinvenibile, la Rosalia Alpina vive stabilmente in alcune specifiche porzioni di bosco dei Monti Simbruini, confermando con la sua preziosa presenza l’elevata qualità degli habitat forestali di queste montagne. Grazie ad una paziente e del tutto autonoma attività di ricerca, iniziata nell’estate 2016 e proseguita costantemente di anno in anno, siamo riusciti con soddisfazione ad individuare e documentare diverse colonie dislocate in almeno due siti principali.