
Sono passati alcuni anni da quando ho scattato questa fotografia – addirittura all’epoca il progetto Orizzonti Simbruini era ancora un’idea allo stato embrionale – eppure ogni qual volta mi capita di riguardarla, di colpo mi ritrovo immerso con la mente nell’atmosfera magica e misteriosa di quel freddo pomeriggio di fine autunno.
Era una giornata cupa, a tratti piovosa; il vento aveva strappato quasi completamente le foglie intirizzite dai rami dei faggi, i quali spogli e scheletrici davano la palese sensazione di apprestarsi ad attendere silenziosamente nient’altro che l’arrivo dell’inverno e della neve.
Approfittando di una tregua concessa dalla pioggia ci addentrammo nella fitta faggeta che da Campo dell’Osso arriva a lambire le pendici del Monte Calvo; proprio dove questa si appresta a lasciare spazio ai rimboschimenti di conifere, banchi di dense nebbie e vapori avvolsero completamente il paesaggio boschivo. La già disorientante sequenza infinita dei tronchi di faggio divenne in un attimo un labirinto astratto, fuori da ogni contesto spazio-temporale, del quale se ne riusciva a percepire a malapena una porzione di qualche metro; una situazione atmosferica ed ambientale sognata da ogni fotografo paesaggista. Scattai diverse buone foto, ma di quella serie trovo particolarmente riuscita l’immagine mostrata in questo post.
Un’immagine che vuole trasmettere l’affascinante senso di ignoto e di mistero che da sempre, più o meno inconsciamente, ci accompagna nell’esplorazione dei grandi spazi naturali, soprattutto se in condizioni inusuali, come in questo caso. Guardando la foto, quasi senza rendersene conto, lo sguardo corre oltre quello che è il soggetto principale posto in primo piano, come attratto magneticamente da quel misterioso “nulla” che sfuma tra il bianco della nebbia ed il fitto dei tronchi di faggio, quasi come a cercare i più intimi segreti del bosco.
FOTOCAMERA: Canon 500D | OBIETTIVO: Canon EF-S 18-55 f/3,5-5.6 | TREPPIEDI: Manfrotto Compact Action