Il sentiero che attraversa la fitta faggeta è ormai ridotto a un campo di battaglia, il via vai dei cingolati ha trasformato l’andamento sinuoso delle strette vallette in una palude fangosa punteggiata di pozze di acqua sporca, qua e là mucchi di tronchi tagliati e accatastati per esser portati via chissà quando, qualche latta di carburante, pneumatici abbandonati.
E’ una guerra silenziosa che ogni anno strappa via lembi di preziosa foresta, svenduta per quattro denari in barba a distinguo e prescrizioni. Una guerra che lascia dietro di sé solo distruzione e degrado, che è solo un riflesso in piccolo della guerra totale che in questi ultimi anni sembra sia stata dichiarata dall’uomo contro l’uomo stesso. Ma è veramente tutto fuori di noi?
Uno scoiattolo attraversa veloce il mio cammino, corre a rifugiarsi su un alto faggio, cercando di nascondersi dietro un ramo fra i più alti, è troppo lontano dal margine del bosco per guadagnare una via di fuga sicura, rimane lì immobile quasi sperando che io possa non averlo visto. Sembra proprio che ovunque ci spingiamo portiamo la nostra aggressione, un’energia distruttiva che diffonde la paura intorno a noi: è dovunque nei nostri passi nervosi, nei pensieri inutili che emergono incessantemente come frastuono dal silenzio della mente.
Mi fermo un attimo sotto l’albero, poi in silenzio, con discrezione, mi porto oltre lasciando che il silenzio del bosco si richiuda dietro di me, su quella piccola palla di pelo tremante in cima ai rami. La vista si allarga sul pianoro, le nubi si rincorrono veloci nel cielo, appaiono e si dissolvono nello spazio come quell’orda di pensieri che è la guerra che ci portiamo sempre dentro. E se iniziassimo da qui a portare la pace in questo mondo?
Cullati dal sole e dal vento, in un istante di pura percezione senza distorsioni, tutto si fa nuovamente quiete: un’aquila appare lontano nel cielo, salendo a grandi volute mi ricorda che lei è qui perché io non sono più. Con questa pace nel cuore riprendo il cammino lungo il margine della faggeta, leggero come il vento che mi scorre addosso: un giovane capriolo, sontuoso nel suo manto rosso primaverile, è appena uscito allo scoperto in cerca di appetitose erbette.
Alza il capo e mi osserva curioso, non fugge più di fronte a me, come se fossi completamente dissolto nell’ambiente circostante. Invoco su di lui ogni benedizione e proseguo in silenzio il mio cammino verso casa.