Oramai da anni, ma comunque sempre più frequentemente, camminando sulle cime, sui crinali e sugli altopiani dei Simbruini ci si può imbattere nel volo dell’avvoltoio grifone (Gyps fulvus). Il grifone è un vero e proprio gigante del cielo, il più grande tra i volatili presenti in Appennino, più grande persino dell’aquila reale, con un’apertura alare così imponente da sfiorare i tre metri di larghezza e capace di oscurare il sole agli occhi del fortunato osservatore nei passaggi più ravvicinati.
Ma aldilà delle dimensioni, la sua caratteristica più affascinante è tuttavia il caratteristico volo planato, tramite il quale, dopo aver preso le giuste correnti ascensionali, il grifone è in grado di salire rapidamente di quota fino a sparire nell’azzurro profondo del cielo per poi da lì veleggiare anche per decine di chilometri, senza mai battere le ali, alla ricerca di carcasse tra i vasti spazi aperti dell’Appennino.
Per quanto sgraziato nei tratti, resto sempre infinitamente affascinato dalla vista di questo uccello, il suo modo di planare disegnando cerchi invisibili nel cielo a caccia di correnti termiche è un qualcosa di unico e straordinario, mentre la sua natura di avvoltoio restituisce un fascino dimenticato ai territori che da qualche anno è tornato a frequentare. Le sue poderose ali non sono quindi solo uno strumento di volo, mi piace pensare ad esse come il simbolo del ritorno di una natura selvaggia ed autentica, che avevamo perso e che, in questo raro caso, fortunatamente siamo stati in grado di ritrovare.
Che questo suo ritorno possa dunque essere di buon auspicio per il futuro della natura dei Monti Simbruini e di tutto l’Appennino.
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