Autunno e Primavera sono in qualche modo dei momenti di transizione, stagioni che veicolano il passaggio graduale tra il caldo secco dell’estate e il freddo umido dell’inverno e viceversa. Lo stesso evento che ne sancisce l’inizio, l’equinozio simboleggia una porta, un momento di equilibrio fra due stati.
Osservando più attentamente i ritmi della natura, non sfuggirà che questo carattere di mobilità, di trasformazione, si manifesta attraverso molteplici fasi nel corso della stagione che è ora appena iniziata.
C’è una prima fase, dominata dall’acqua, che ha il compito di sciogliere e trasmutare quanto la Primavera e l’Estate hanno costruito e stabilizzato: è il tempo della terra grassa e imbevuta di terra, delle foglie che iniziano a ingiallire, dei tronchi che a terra marciscono lentamente, di nebbie che aleggiano sulle radure e di nuvole che lambiscono fugacemente il margine della faggeta.
Vi fa seguito una fase più secca, pietrificante, che digrada lentamente verso gli esordi dell’inverno. E’ il tempo degli alberi spogli, delle gelate notturne, delle pietraie ormai asciugate dal sole e dal vento, della notte dal cielo di cristallo, che si affretta a calare il sipario su di un tramonto affrettato.
Come spesso accade nelle fasi di grande cambiamento, questo è uno dei periodi più intensi e struggenti da vivere sui Monti Simbruini, in un paesaggio che cambia di giorno in giorno e lentamente si scioglie, cambia colore, trasmuta.
Proprio in questa prima fase, quest’anno in verità un po’ anticipata, è consolatorio immergersi nel silenzio della faggeta ancora grondante da una recente pioggia, osservare le prime foglie che mutano al giallo e al rosso e ravvisare nella terra gravida d’acqua il lento brulicare di questa trasformazione alchemica.
Da un ramo leggero caduto a terra, che lentamente si scompone tornando alla terra, risorgono vistosi traslucidi grappoli di Mucidula mucida … quale miglior simbolo di questo sottile processo di dissoluzione e ricomposizione?