Il secondo Autunno inizia nel segno del fuoco, il suo carattere sarà dato dall’ingresso del sole in Sagittario: è un tempo irretito, amaro e malinconico che prelude al lungo silenzio dell’inverno.
Il tempo dei faggi ormai spogli ma con le gemme che spuntano già come piccole fiammelle all’apice dei rami. Il tempo delle erbe imbiondite dal sole che contrastano le conche di erba smeraldina immerse in un gelido bagno di umidi vapori. Il tempo del sole che scalda timidamente la terra, che velocemente quel calore restituisce al cielo come la freccia di un arciere.
Con un balzo mi allontano dal sentiero, anche oggi percorso da sparuti escursionisti che sembrano non poter fare a meno di camminare gridando, assolutamente impermeabili alla solennità del momento. Non immaginano che poco lontano, superati pochi tormentati rilievi, il bosco si fa ancora muto, interrotto solo dai brevi cinguettii della cincia mora, ce ne sono tantissime in questo periodo: alacremente impegnate nella raccolta di semi e altre provviste per l’inverno fanno la spola tra gli alberi e i cespugli al margine del bosco.
Illuminate dai pallidi raggi di un sole che fatica a farsi strada tra le nubi, le chiome di faggi lontani fiammeggiano tra le ombre lunghe che già calano dai rilievi più alti. Nel cuore della montagna tutto sembra ammutolire, avvolto in un’atmosfera vibrante e inafferrabile: il fuoco autunnale chiama alla resa le ultime energie vitali, è tempo di fermarsi.
In questo tempo sospeso scenda finalmente il silenzio sulle quinte di boschi, sulla terra asciutta, sui calcari muti e le radure seccate dal sole. E torni il mistero ad avvolgere questo mondo: mentre l’ombra del crepuscolo ne abbraccia lentamente le pieghe, sentinelle silenti ne guardano il confine.