Il paesaggio d’alta quota è sospeso nei caldi ed intensi colori dell’autunno inoltrato, nonostante la giornata grigia le vaste praterie sommitali brillano d’oro e bronzo, subito più in basso le faggete già quasi del tutto spoglie sono pennellate invece di ruggine. L’aria è fredda ma calma, senza vento; nell’immobilità generale tuttavia si percepisce piuttosto nitido un labile e sommesso fremito, un sussulto di cambiamento impercettibile ma inesorabile, che permea l’intera atmosfera. L’inverno, non quello del calendario, ancora lontano, ma quello che da un giorno all’altro farà di queste alte terre un bianco orizzonte, pare quest’oggi più che mai prossimo.
Vago già da un po’ senza precisa meta sul confine tra il bosco ed il crinale che in alto verso sinistra risale fino a sfiorare i duemila metri di quota, come nell’attesa che questa silenziosa vibrazione si faccia materia, senza però sapere bene nemmeno io in che modo ciò possa realmente accadere. Poco dopo ecco arrivare la risposta, delicata ma improvvisa. Fitti fiocchi di neve iniziano a scendere copiosi dal cielo gonfio di basse nuvole, senza alcun diretto preavviso. È subito meraviglia. Lo sguardo si perde affascinato in un paesaggio che va completamente trasfigurandosi nel giro di appena pochi minuti: la neve aderisce in fretta, senza esitazione, sul freddo terreno asciutto, così come sui rami spogli dei faggi e sulle piatte sagome dei ginepri. Di colpo dei caldi e brillanti colori autunnali non ve ne è più alcuna traccia, tutto è adesso avvolto in un candido e freddo abbraccio bianco.
Trovarsi qui, ora, in questo preciso momento di passaggio ha un che di speciale, quasi magico. Lo scorrere ed il mutuare delle stagioni è un qualcosa che si dipana lentamente, diluito nel tempo, lasciando che ci si abitui man mano al suo intrinseco cambiamento, un qualcosa che quasi mai avviene in maniera così netta, eppure stavolta sono al cospetto dello spartiacque tangibile tra due tempi, uno di quei momenti di preciso confine tra il periodo oramai andato e quello che dovrà venire. Assistervi in prima persona, perso su questo crinale con la sola compagnia di una macchina fotografica, nel bianco abbraccio di questo freddo pomeriggio di Novembre, è un prezioso dono, uno di quegli impagabili istanti di nitida percezione dell’ordine delle cose a cui tutto soggiace che la montagna sa offrire.
È questa la prima neve, pochi effimeri centimetri, eppure quanto mai affascinante ed evocativa, portatrice diretta di un nuovo, ennesimo messaggio di cambiamento nell’infinito incedere dei ritmi della natura.