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#45 – I RITORNI

19 Febbraio 2025
Inverno sui Monti Simbruini - ph Francesco Ferreri

Le abbondanti nevicate in vista del fine settimana erano un’occasione troppo ghiotta per tornare là dove mancavamo forse da troppo tempo. Il tragitto in auto – ancora nel cuore di una notte indecisa a svanire -ci restituisce tutto il fascino degli antichi boschi, ora completamente ammantati di neve, chini sotto pesanti cappucci lucenti alla luce della luna, come umili servitori ai piedi del bianco gigante addormentato.

Meno poetica, la salita a piedi nel pieno del carnevale sciistico è come sempre una corsa contro il tempo ripagata solo dalla dolcezza del bagliore dell’alba che occhieggia ad oriente e dalla vista delle corone di re, regine e gran dignitari dell’Appennino maggiore, che pian piano si aprono alla vista nel cielo delicatamente aranciato.

Poi, raggiunto l’anti-crinale, la vista si spalanca finalmente su un grandioso paesaggio canadese di boschi a perdita d’occhio: lontani, i rilievi più a nord cominciano a tingersi di rosso, in netto contrasto col blu minerale delle valli ancora immerse nell’ombra.

Una linea immaginaria scende dai rilievi a occidente, attraversa i grandi pianori ancora immersi nella nebbie e si spinge a est, verso la frontiera: trent’anni fa la prima avventura in quelle terre – per me – ancora vergini, la prima esperienza dell’immersione e dell’isolamento nel silenzio dei grandi boschi, accompagnata dall’apprensione delle notti di primavera in tenda che sembravano interminabili.

Tutto era nuovo e inesplorato, tutto da immaginare e costruire nel cuore di giovani esploratori. Dalle alture la vista spaziava verso l’Appennino interno, pensato come una inespugnabile Agartha, sognata e agognata. E in quel turbine di emozioni andava prendendo forma quel legame ineffabile che mi stringe ancora oggi. Venne pure il tempo dell’Appennino maggiore, quello dei 2000m e dei valloni interminabili, dei ghiaioni e delle aride praterie di alta quota, ma il cuore in fondo è rimasto sempre qui tra questi boschi.

Così, vent’anni dopo, è stato il tempo di un’esplorazione più meditata, mediata dalla testa più che dal cuore, ma non meno carica di ricordi ed emozioni: quasi le rivivo tutte volgendo lo sguardo intorno a me, sulle cime lontane, sotto ombrose pareti di rocce, nei profondi valloni o nei crinali che sembrano correre ininterrotti da nord a sud. Un decennio di avventure finite tra le pagine di un libro e accompagnate da migliaia di immagini affidate alla memoria del cyberspazio, come testimonianza d’amore incondizionato verso queste terre generose.

E poi c’abbiamo provato ancora a fuggire verso altre montagne lontane, ma alla fine di tutto …

Come dalle crociate a un futile
Sopravvissuto a tutto
Che ritorna più utile che vivo
Quindi innamorato ancora
E torna, torna
Lei gli ha detto: “Torna”
Ed era una bambina, finalmente
E gli diceva: “Torna
Abbiamo un solo limite
L’amore che ci divide”

AppenninoAvventuraFrontieraRitornoSimbruini
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UN ANNO IN NATURA

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Francesco Ferreri
Nato a Roma nel 1977, ha scoperto le montagne dell'Appennino sin dall'infanzia, con le prime gite domenicali in fuga dalla metropoli, per poi percorrerle in lungo e largo negli anni della prima maturità, in compagnia degli amici di un'affiatata sezione locale del CAI. La fotografia entra presto nella sua vita, ai tempi dell'adolescenza e da allora è diventata uno strumento per mediare e approfondire la conoscenza della montagna e della sua natura. La passione per le montagne lo ha portato infine a vivere, da più di dieci anni, ai piedi dei Monti Simbruini, per rinnovare e suggellare quel legame nato nei primi anni di vita: è qui che ha conosciuto Daniele e insieme a lui ha deciso di dar vita a questo progetto. Ma la sua passione per la montagna e per la natura in generale è anche e soprattutto il riflesso di una ricerca interiore da tempo rivolta a quelle dimensioni invisibili dell'essere umano che proprio nel suo agire in armonia con l'ambiente naturale ritrovano una possibilità di manifestazione. Considerando dunque la natura come rivelazione primordiale dello Spirito, crede nella fotografia di natura come strumento di elevazione, di indagine e testimonianza di quei sottili legami che uniscono l'uomo al macrocosmo.

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