Non capita di rado, sulle montagne dell’Appennino, di vivere un improvviso ritorno della stagione invernale proprio quando la Primavera sembra aver fatto ormai il suo ingresso definitivo. La cosa è ancor più evidente in questi anni recenti, caratterizzati da inverni relativamente miti nelle temperature e avari di precipitazioni, che paradossalmente finiscono per concentrarsi improvvisamente proprio all’inizio della nuova stagione o addirittura in fase avviata, con le faggete già nuovamente rinverdite.
Come tutte le situazioni di passaggio dove si concentrano energie di nature diverse, questo improvviso mescolarsi di forze opposte si manifesta e si esalta negli infiniti contrasti così come nelle sottili sfumature delle vibrazioni dell’aria, dei colori e della luce, del paesaggio sonoro, dei flussi di innumerevoli vite che si riescono a percepire pienamente solo dopo aver sviluppato una lunga, intima familiarità con le terre di montagna.
L’energia dell’Ariete riversa sulla Terra un flusso di fuoco che risveglia la materia addormentata, i segni sono inequivocabili e iniziano già molto prima dell’Equinozio: il canto prolungato degli uccelli che accompagna il sorgere e il calare del sole l’impercettibile variazione della luce che volge all’oro negli istanti che precedono il tramonto, il riaffiorare di verdi fili d’erba sulla terra gialla e bruciata, il timido riapparire degli animali sulle radure al mattino, i colori delle fioriture pioniere di crochi, scille, anemoni e bucaneve. Poi all’improvviso, come per un colpo di coda dei Pesci, torniamo all’acqua: le piogge si accaniscono a fondovalle, mentre un vento gelido le trasmuta in neve che imbianca le vette più alte, le mani gelano nuovamente mentre il terreno scricchiola sotto ogni passo.
E’ una lotta disperata tra una forza imprigionante, morente, e un’energia ignea prorompente che deve fecondare la Terra per un nuovo inizio: sembra una scena fantastica ripresa da un antico mito greco, eppure si sta svolgendo proprio qui davanti ai miei occhi, mentre nascosto nell’erba verde osservo un capriolo al pascolo e in alto vapori infuocati dalla luce del tramonto cingono la vetta innevata del Monte Tarino, come un Olimpo misterioso e irraggiungibile.
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