La sveglia è nel cuore della notte, in alto nel buio oltre i vetri risplende trionfante la costellazione di Orione, ormai padrona del cielo in questa vigilia equinoziale. Ancora una volta mi dirigo verso i miei boschi sotto un cielo adamantino, alle mie spalle la luce della luna, in un silenzio che accoglie come in un abbraccio tanto desiderato. I bianchi tronchi di faggio incrociano il fascio della frontale come lampi di luce, unica guida nel buio totale del sottobosco. Fuori dal bosco l’aurora esita ancora, l’ombra della notte ormai trascorsa sembra ancora assopita sui morbidi crinali orlati dalle chiome dei faggi.
Echi lontani e profondi mi ricordano il motivo della mia furtiva visita, seguo con decisione le tracce sassose rischiarate dai primi bagliori dell’aurora e risalgo il crinale ancora indeciso sulla direzione da prendere. Appena lo sguardo si libera oltre il profilo tormentato di una costa scoscesa scorgo in lontananza alcune macchie rossastre. Affascinante questo istinto affinato in anni di appostamenti, forse meglio dire riscoperto, che senza un lampo di pensiero riconosce fra muti colori il segno impercettibile di un’altra creatura come attimo di discontinuità in un paesaggio monotono e sfuggente.
Un piccolo branco di cervi pascola pacifico ai margini del bosco: devo inforcare l’obiettivo per scorgere meglio e individuare infine il maschio, circondato dal suo harem. Un bramito lontano giunge da sud, il nostro deve accoglierlo come un segnale di sfida e presto si sfila dal gruppo salendo più in alto sul crinale, per emettere la sua potente risposta.
Nel rossore dell’alba si accende in tutta la sua sanguigna, primitiva forza, spinto dal cieco istinto che si rinnova ogni anno in questa stagione. Raduna nuovamente il suo harem e lo sospinge nello scuro della faggeta, lontano dalle mire degli altri pretendenti. Mi fermo soddisfatto tra le radici di un ginepro, in alto una volpe percorre la cresta come a voler segnare il confine tra terra e cielo, più lontano una coppia di caprioli esce timidamente dal bosco, nascosto tra gli alti cespugli di rosa canina un giovane fusone assiste attonito allo spettacolo intorno, come se ancora non sia in grado di comprendere quella sottile frenesia che pervade l’aria.
In questi manciata di attimi sospesi sul fare dell’alba c’è tutto il mistero della vita selvatica che scorre parallela alla nostra senza mai incontrarla. I bramiti lontani pian piano si spengono, man mano che la luce nuova guadagna porzioni di cielo, tutto finisce al principio del giorno e viene riassorbito nel grande grembo del bosco: i cervi e i caprioli, la volpe e anche il fotografo. Dopo di noi solo il silenzio solido e definitivo dell’Autunno a portare pace e riconciliazione.