I duelli sono stati lunghi ed estenuanti, durati incessantemente per giorni, settimane; il suono poderoso del bramito dei maschi dal tramonto all’alba ha animato come poche altre cose la montagna. Una sfida lanciata a vicenda tra gli esemplari in età adulta con lo scopo di conquistare e quindi fecondare l’harem di femmine; del resto lasciare i propri geni in eredità resta per tutte le specie animali lo scopo primo, da perseguire a qualsiasi costo. I combattimenti spesso sono stati portati avanti a distanza e per doti vocali ma altrettante volte, quando la differenza tra i due sfidanti non era poi così direttamente evidente, sono sfociati senza mezzi termini per le vie dirette a colpi di corna, richiedendo uno sforzo immane, capace di portare allo sfinimento perfino gli esemplari più vigorosi. Il tutto sotto l’occhio vigile delle femmine, sempre pronte a correre rapidamente alla corte del vincitore di turno.
Ora che le gerarchie sono state stabilite e che l’accoppiamento è avvenuto, la stagione riproduttiva è volta rapidamente al temine. E’ ancora buio quando ci addentriamo nel bosco per giungere verso una delle arene più battute dai cervi fino a pochi giorni fa, la speranza è quella di assistere a qualche ultima interessante scena di interazione tra i cervi. Con passo felpato prendiamo quindi posto accanto ad un grosso masso sul bordo dell’ultimo crinale, sperando che questo insieme ai camouflage ci aiuti a nascondere le nostre sagome; poco dopo nell’incerta luce che precede l’alba ecco comparire lente e silenziose delle sagome tra i prati ingialliti di inizio autunno, l’eco poderosa dei bramiti e l’enfasi del periodo dell’accoppiamento sono evidentemente di nuovo solo un ricordo.
In breve i primi bagliori dell’aurora rivelano maggiori dettagli sugli animali avvicinatisi poco prima nella nostra direzione: un grosso cervo maschio si muove a stento, evidentemente provato, giusto di tanto in tanto china il capo per brucare qualche ciuffo d’erba, è accompagnato da un piccolo gruppo di femmine, probabilmente le uniche che alla fine gli sono rimaste fedeli dopo le tante sfide con gli altri pretendenti. Con fatica riconosciamo l’animale, ma la sagoma particolare e possente del suo palco tradisce un incontro avvenuto con lo stesso appena qualche settimana prima, tra le nebbie ed i vapori di un pomeriggio di pioggia di metà settembre, all’inizio della stagione del bramito. Allora l’animale impressionò per prestanza fisica e potenza canora, un indiscusso re della foresta, pronto a scacciare via senza troppe difficoltà dalle numerose femmine che lo attorniavano qualsiasi contendente. Adesso appare invece trasfigurato, quasi menomato, evidentemente sfiancato dalle incessanti sfide con gli altri maschi e dallo sforzo necessario per tenere quanto più compatto il suo harem, il corpo dimagrito oltremodo, le anche e le costole in evidenza, le punte dei palchi lucidate e consumate da chissà quanti duelli all’ultimo sangue.
Questo è ciò che resta adesso del grande cervo, questo è stato il costo da pagare per chi ha dovuto strenuamente seguire il proprio naturale istinto. Ora però che il compito è stato perseguito fino in fondo per il fiero guerriero, insieme al resto della montagna, finalmente è giunto il tempo del riposo. La nuova primavera porterà in dono nuove forze e soprattutto i fecondi frutti.