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#35 – QUESTIONE DI LUCE

11 Dicembre 2024
Tramonto invernale sui Crinali del Monte Viglio, Monti Simbruini - ph D. Frigida

Quante volte parlando di fotografia si è finiti con il fare riferimento alla luce? Probabilmente molto spesso, se non altro perché nella fotografia, specie in quella di natura e paesaggio – tralasciando quella che è la triste deriva di post produzioni sempre più esasperate ed innaturali – la luce resta il fondamento ineludibile di qualsiasi buona immagine che aspiri ad essere ritenuta degna di tale definizione. Ma in verità cos’è la luce? È solo una radiazione elettromagnetica o un qualcosa di ben più profondo, capace di arrivare a muovere le corde delle emozioni più intense in chi rincorre immagini?

La luce, quella vera, vivida, quella che per antonomasia contraddistingue in particolare le albe ed i tramonti più spettacolari, a chi non si è mai soffermato ad osservare con attenzione la parabola del sole nel cielo, insieme a tutte le sfumature che da questa derivano, è un qualcosa di quasi impossibile da raccontare a parole. Si tratta infatti dell’immateriale per definizione, ma non è solo per questo aspetto. Oltre ad essere un guizzo carico di colori e sfumature che sfugge via veloce, sublime ed effimero come poche alte cose, questa luce è anche la manifestazione trasfigurata del dono della vita che la nostra stella ci concede costantemente con il suo sorgere ed il suo tramontare. Un solenne saluto che di giorno in giorno squarcia le fredde tenebre della notte ed accoglie il nuovo mattino, un arrivederci carico di speranze e promesse alla sera.

Ad ogni modo, tornando a parlare in termini più pratici, quella stessa luce soprattutto se osservata dalle alte quote dove gli orizzonti sono più ampi e nitidi, dopo essersi riflessa per la prima volta negli occhi del fotografo, è un qualcosa capace di divenire la sua più grande ossessione. Difficile che da quel momento in poi non sarà tutto incentrato attorno all’esserci in quella manciata di minuti di fuoco, e non importa se per farlo sarà necessario camminare per ore nel cuore della notte su impervi sentieri o creste innevate, nulla conta se dopo il tramonto la via del ritorno sarà buia e stremante. Quegli intensi e distillati attimi di magia dipinti nei toni del rosso sulle cime, sui boschi e sulle nuvole saranno al tempo stesso l’unico obiettivo futuro nonché la linfa vitale che continuerà a nutrire ciclicamente la volontà di essere lì, al cospetto di questa eterna e solenne manifestazione ancora una volta, in prima fila, possibilmente in qualche luogo remoto dove la solitudine amplificherà ulteriormente le sensazioni.

Una luce che tuttavia – vale la pena sottolinearlo – non dà alcuna garanzia di manifestarsi ogni volta nella sua maniera più spettacolare, anzi, tutt’altro. Infinite sono le volte in cui purtroppo a causa di un banco di nebbia, di un fronte nuvoloso o di alcune foschie all’orizzonte questi tanto desiderati momenti, attesi con ansia e sudore, si consumano senza chissà quali particolari sussulti. Però è così, fa parte del gioco del “cacciatore di luce“. A volte le vibranti sfumature arancio e cremisi del mattino e della sera si fanno attendere anche per settimane, se non per mesi, un tempo durante il quale pian piano si assopisce il ricordo della luce, quella vera appunto. Un tempo in cui le immagini catturate perdono man mano di enfasi, tutto pare di volta in volta come appiattirsi sempre più, i continui sforzi per esserci sembrano sempre più vani e persino quella linfa, una volta incontenibile, va gradualmente affievolendosi. Si continuano a scattare foto, certo, a volte anche piuttosto interessanti, le quali mancano però sempre di qualcosa, prive di quella fondamentale vibrazione di colori, luci ed ombre che appaga l’occhio e soprattutto l’animo del fotografo, per quanto i cursori della saturazione e della vividezza possano poi essere spostati sempre più verso destra. Periodi apparentemente infiniti nei quali la volta buona sarà sempre la prossima.

Eppure per il fotografo che avrà saputo custodire con pazienza la speranza ed avrà faticosamente continuato a rincorrere orizzonti tornerà il giorno in cui il fuoco divamperà ancora una volta nel cielo, intenso come forse mai prima. Sarà quello il giorno in cui i suoi sforzi troveranno di nuovo ragione rivedendo balenare sul paesaggio – oltre che nei suoi occhi – la vera essenza della fotografia. Sarà quello il giorno in cui, ancora di più, risulterà chiaro che in fondo è tutta una questione di luce!

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UN ANNO IN NATURA

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Daniele Frigida
Nato nel 1987, vive da sempre al cospetto dei Monti Simbruini. Fotografo per passione, frequenta assiduamente sin da adolescente le montagne dell’Appennino centrale; luoghi con i quali instaura un particolare legame tanto da essere ancora oggi il suo terreno d’avventura preferito. Apprezza la fotografia in modo particolare per le infinite possibilità che essa offre al fine di mantenere costantemente vivo il contatto con la natura, in tutti i suoi elementi e manifestazioni. È inoltre convinto che la fotografia naturalistica trovi il suo più nobile scopo nella divulgazione dei tratti distintivi di ogni territorio, soprattutto di quelli meno conosciuti, divenendo quindi veicolo di quella consapevolezza che è fondamentale per una reale valorizzazione e salvaguardia della biodiversità. Sulla base di questo ideale, insieme a Francesco, dà vita nel 2014 al progetto Orizzonti Simbruini.

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