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#42 – L’INVERNO PERDUTO

31 Gennaio 2025
Dolina ghiacciata, Monti Simbruini - ph D. Frigida

Sono diversi anni, al netto di poche annate che andrebbero oramai definite quasi eccezionali, che l’inverno sulle montagne dell’Appennino, in particolare sui versanti occidentali, quelli esposti quindi verso le correnti del Mar Tirreno, scivola via regalando ben pochi sussulti. E se è vero che alle quote più alte, sui crinali che corrono lungo il filo dei duemila metri, dalle prime nevicate di Novembre e Dicembre il manto bianco grossomodo resiste fino a primavera, è altrettanto un dato di fatto che su tutto il resto della montagna, quella che comunque da sempre eravamo abituati a vedere imbiancata quasi per tutto l’inverno, la neve ha assunto via via sempre più un ruolo da comparsa piuttosto che da vera protagonista.

E così i vasti altopiani, le immense faggete, i ripidi versanti che precipitano verso valle, in questi freddi mesi più che di bianco ci stiamo sempre più abituando a vederli vestiti di caldi ed intendi toni, quasi come in una prosecuzione senza fine dell’autunno. Le praterie sfinite ardono ancora dei colori dell’oro e del bronzo, i boschi muti sfumano tra il grigio dei tronchi e l’amaranto delle nuove gemme, i calcari, affioranti e spogli, anziché coperti dalla neve, riflettono alla luce diretta del sole tutta la loro minerale essenza.

Camminando nel bosco, lo stesso bosco che un tempo fotografavo carico di neve in un paesaggio dal vago sentore scandinavo, tra vallecole e radure, la percezione ora è la stessa che si ha nel mese di Novembre, quando siamo appunto nel pieno dell’autunno. Solo il fondo di una dolina ghiacciata è lì, immobile, a ricordarmi che invece siamo esattamente alla fine di Gennaio, nei “giorni della merla” come li chiama la tradizione popolare, ovvero quelli che dovrebbero essere i giorni più freddi dell’anno. Solo uno stoico e sottile velo di ghiaccio, fragile ed effimero, è rimasto come testimone di questo ennesimo inverno perduto.

E di questa sua assenza, più che per qualche skipass invenduto, dovremmo ravvedercene per quello che sarà poi nel corso dell’anno degli ecosistemi della montagna, una montagna che da sempre è caratterizzata dall’abbondanza delle sue sorgenti – che tutto devono alla neve – sempre più sfruttate, nonostante sempre più sofferenti.

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UN ANNO IN NATURA

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Daniele Frigida
Nato nel 1987, vive da sempre al cospetto dei Monti Simbruini. Fotografo per passione, frequenta assiduamente sin da adolescente le montagne dell’Appennino centrale; luoghi con i quali instaura un particolare legame tanto da essere ancora oggi il suo terreno d’avventura preferito. Apprezza la fotografia in modo particolare per le infinite possibilità che essa offre al fine di mantenere costantemente vivo il contatto con la natura, in tutti i suoi elementi e manifestazioni. È inoltre convinto che la fotografia naturalistica trovi il suo più nobile scopo nella divulgazione dei tratti distintivi di ogni territorio, soprattutto di quelli meno conosciuti, divenendo quindi veicolo di quella consapevolezza che è fondamentale per una reale valorizzazione e salvaguardia della biodiversità. Sulla base di questo ideale, insieme a Francesco, dà vita nel 2014 al progetto Orizzonti Simbruini.

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